Martedì 9 aprile 2024, alle ore 16, presso l’Università di Roma Tre, Dipartimento di Studi Umanistici, sarà presentato il volume Miracula et benefitia. Malattia, taumaturgia e devozione a Licata e in Sicilia nella prima età moderna (Edizioni Carmelitane, 2021), realizzato attraverso ricerche d’archivio.
Dialogheranno con l’autore i professori Paolo Broggio, Maria Chiara Giorda e Carla Noce, dell’Università di Roma Tre. L’evento sarà introdotto da Giovanna Brizi, postulatrice generale dell’Ordine carmelitano.
Come ogni anno, l’Archivio Generale dell’Ordine Carmelitano ha indetto una selezione per il conferimento di un assegno di ricerca, intitolato alla memoria di p. Emanuele Boaga, che fu archivista generale dell’Ordine per circa trent’anni.
I progetti devono essere incentrati su ricerche storiche, religiose, filologiche o archivistiche, partendo dall’analisi del patrimonio documentario conservato nel nostro Archivio. L’obiettivo è quello di produrre un elaborato scientifico sulla base degli studi effettuati (articolo, monografia, edizione di fonti, inventariazione ecc.), di cui si valuterà la pubblicazione con Edizioni Carmelitane.
La scadenza per l’invio delle candidature è prevista per il 31 luglio 2024.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al bando:
Il beato Giovanni Battista Spagnoli, detto il Mantovano (1447-1516), umanista e poeta carmelitano, guidò per un lungo periodo la Riforma Mantovana, divenendo poi, nel 1513, priore generale dell’Ordine. Nella lettera autografa del 28 agosto 1514, che qui vi mostriamo, il Mantovano scriveva a Nicolò Audet (1481-1562), divenuto provinciale di Terra Santa, ordinandogli di recarsi a Cipro, sede della suddetta provincia, per prenderne possesso. L’Audet, infatti, ritardava il proprio trasferimento da Venezia, dove aveva risieduto fino a quel momento. Si tratta di una corrispondenza tra due personalità di spicco della storia carmelitana: un generale in attività, il Mantovano, e un futuro generale, l’Audet, che dieci anni più tardi sarebbe stato eletto anche lui a capo dell’Ordine.
Inoltre la lettera è anche una reliquia, poiché sottoscritta di proprio pugno dal beato Mantovano.
Vista la sua importanza, il documento è stato restaurato nel 2018 dalla dottoressa Eulalia Ramos, che lo ha reso nuovamente leggibile e consultabile.
L’Archivio Generale ha partecipato con un panel alla VII edizione dei “Cantieri dell’agiografia”, promossa dall’Associazione italiana per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia (AISSCA). Il convegno si è svolto a Roma dal 24 al 26 gennaio 2024.
Il tema del panel era: “Parole e immagini. La vita delle mistiche carmelitane del Sei-Settecento”. Sono state presentate tre relazioni: “Le terziarie carmelitane attraverso le incisioni del XVII e XVIII secolo” di Ruggiero Doronzo (Università di Bari), “La figura della terziaria Anna Geltrude Picca da Velletri attraverso le parole del carmelitano Giuseppe Bartoli” di Anna Abdelhamid Serra (Institutum Carmelitanum) e “I racconti agiografici su Rosa Maria Serio nelle prime testimonianze delle consorelle” di Mario Alfarano, ocarm. (direttore dell’Archivio e della Biblioteca Generali).
I relatori hanno presentato le ricerche che hanno svolto o che stanno ancora conducendo presso il nostro Archivio.
Nei depositi della Biblioteca generale carmelitana si conserva attualmente una trentina di manoscritti liturgici, costituita da antifonari, corali, graduali e messali, finalizzati alla celebrazione eucaristica. Questi giganteschi volumi provengono dagli antichi fondi librari della collezione di Santa Maria in Traspontina e risalgono ai secoli XVII-XIX.
Quello che vi mostriamo oggi è un graduale carmelitano del 1708, redatto su pergamena, che presenta in apertura una elegante antiporta, decorata con elementi floreali policromi, e una pagina incipitaria caratterizzata da notazione musicale e un tetragramma in inchiostro rosso, accompagnati da sintetiche rubriche in una manierata e solenne scrittura gotica [foto 1].
Le dimensioni “atlantiche” di questi volumi e l’ampio utilizzo che di essi si faceva hanno reso necessarie una maggiore robustezza e solidità della compagine strutturale, mediante l’aggiunta di elementi metallici, quali borchie chiodate e cantonali, sui piatti della legatura, che rendono anche più agevole il loro posizionamento in orizzontale sugli scaffali. Tuttavia, come per la maggior parte di essi, anche per questo prezioso graduale l’usura del tempo è particolarmente evidente sul dorso, oggi privo di copertura e con cucitura a vista [foto 2].
Proprio in virtù di una loro migliore conservazione, nei prossimi mesi alcuni di questi libri liturgici saranno oggetto di specifici interventi di restauro, finalizzati anche a una più ampia e incisiva valorizzazione, in vista di studi e ricerche future da parte di un’utenza specialistica.
La nuova Sala del Patrimonio Carmelitano a Middletown
La Provincia carmelitana americana di Sant’Elia (New York) ha allestito la nuova Sala del Patrimonio Carmelitano presso il santuario nazionale di Nostra Signora del Monte Carmelo, a Middletown, nello stato di New York.
Si tratta di un piccolo museo, in cui i visitatori potranno leggere documenti storici provenienti dall’Archivio provinciale e libri antichi, nonché ammirare opere d’arte e oggetti religiosi, ripercorrendo la storia della Provincia SEL, incominciata nel lontano 1889 a Manhattan.
Attualmente una delle vetrine ospita una mostra su san Tito Brandsma, martire dei campi di concentramento nazisti, canonizzato nel 2022, ma le esposizioni a tema di alcune vetrine cambieranno ogni due mesi, in modo da mostrare aspetti diversi della storia del Carmelo e della sua comunità negli Stati Uniti d’America.
La prima edizione dell’Assegno di ricerca indetto dalla Biblioteca Generale Carmelitana è stata vinta dalla dottoressa Rosa Parlavecchia, la quale svolgerà uno studio intitolato Ricostruzione della Biblioteca della Traspontina a partire dalle note di possesso presenti sui manoscritti e libri antichi della Biblioteca Generale Carmelitana.
Ci auguriamo che questo lavoro possa essere un’occasione per riportare alla luce la ricchezza del patrimonio librario del convento di Traspontina, che in antico era sede di uno dei più importanti luoghi di studio e formazione carmelitana.
Tra i tesori del nostro archivio abbiamo ritrovato l’antica ricetta dello spiritum carmeliticum, così come ideata da un certo padre Bernardo, presumibilmente sul finire del secolo XVIII. Di padre Bernardo non conosciamo né il cognome né il convento di appartenenza, ma sicuramente il suo amaro dovette essere molto apprezzato se la sua ricetta arrivò fino alla Curia generalizia dei carmelitani.
Per poterla riprodurre, procuratevi alcol purissimo di vino, erbe di melissa, salvia e timo – con la raccomandazione che non siano essiccate, ma freschissime, colte durante la stagione della loro fioritura -, buccia di arancio, fiori di rosmarino, aromi di carciofo, cannella, noce moscata, inoltre semi di coriandolo, di anice e di ortica. Fate macerare il tutto per almeno due giorni, rimescolando di tanto in tanto, poi distillate e bevete… ma con moderazione!
Giovedì 18 gennaio 2024, presso il Centro Internazionale Sant’Alberto (Roma), è stato presentato il volume L’attività di padre Serafino Maria Potenza (1697-1763) attraverso i documenti d’Archivio, di Simona Durante, pubblicato da Edizioni Carmelitane (vedi ABiGOC20/2023).
Alla presentazione sono intervenuti padre Vincenzo Criscuolo, ofmcap, già relatore generale del Dicastero delle Cause dei Santi, il professor Luca Carboni, dell’Archivio Apostolico Vaticano, e l’autrice. Tra i numerosi partecipanti erano presenti il segretario monsignor Fabio Fabene, il sottosegretario Bogusław Stanisław Turek e altri membri del Dicastero.
Ci fa piacere condividere con voi alcuni scatti della serata.
Giovedì 18 gennaio 2024, alle ore 18, presso il Centro Internazionale Sant’Alberto (Roma), sarà presentato il volume L’attività di padre Serafino Maria Potenza (1697-1763) attraverso i documenti d’Archivio, di Simona Durante, pubblicato da Edizioni Carmelitane.
In occasione di questa presentazione abbiamo intervistato l’Autrice:
Simona, sappiamo che lavori come archivista presso il Dicastero delle Cause dei Santi e che conosci approfonditamente le dinamiche dei processi di beatificazione e canonizzazione nel corso dei secoli, all’interno delle quali si ascrive l’attività del padre Serafino Maria Potenza. Potresti descriverci quale fu l’importanza di questo personaggio per l’Ordine carmelitano e per lo studio della santità in generale?
«L’importanza di padre Serafino Maria Potenza per l’Ordine carmelitano si riflette in molteplici aspetti. 1) Nell’aver promosso, con competenza giuridica e storico-archivistica, la candidatura di diversi suoi confratelli e consorelle agli onori degli altari, durante la sua attività di postulatore generale. 2) Nell’aver dedicato la sua vita alla raccolta di documenti relativi alla storia dell’Ordine, dei vari conventi a esso appartenenti, nonché di quei carmelitani che più di tutti si erano distinti per fama di santità, con una particolare attenzione alle sue consorelle religiose. 3) Nell’aver profuso tutto il suo impegno nella direzione spirituale di chi a lui si affidava per camminare sulla via della fede.»
Dalla lettura del tuo volume si percepisce la grande mole di materiale documentario che hai dovuto visionare. Quali archivi sono stati consultati?
«La maggior parte delle ricerche sono state svolte presso l’Archivio generale dei carmelitani e quello corrente della Postulazione generale dei carmelitani. Ruolo determinante ha avuto anche l’Archivio del Dicastero delle Cause dei Santi. Per la corrispondenza tra Potenza e il suo confratello padre Ferdinando Salvi, prezioso è stato l’Archivio della Biblioteca d’arte e di storia di San Giorgio in Poggiale (Bologna) e l’Archivio generale delle carmelitane delle Grazie di Bologna. Si sono poi consultati l’Archivio del Conservatorio della SS. Concezione di Roma, quello del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’Archivio conventuale dei Santi Silvestro e Martino ai Monti di Roma, l’Archivio storico dell’Accademia dell’Arcadia, l’Archivio della Certosa di Trisulti e l’Archivio di Stato di Napoli.»
Nella lettura dei documenti c’è qualche curiosità che ti ha particolarmente colpito?
«Certamente hanno attirato la mia attenzione i “Quinterni” dedicati alla direzione spirituale delle sue penitenti. Da essi si evince uno spaccato della società di allora, con particolare riferimento alle pratiche di penitenza e “discipline” che le stesse figlie spirituali, a volte, si infliggevano per espiare i peccati. Mi hanno poi colpito le lettere tra padre Serafino e padre Salvatore Pagnani di Capua, suo confratello; inoltre le note circa la quotidianità dei sovrani di Napoli e Sicilia, Amalia di Sassonia e Carlo di Borbone, e la loro relazione con il “Ritiro” capuano di religiose carmelitane.»
Per approfondimenti e acquisto della pubblicazione, si rimanda al sito di Edizioni Carmelitane:
Tra i libri antichi della Biblioteca Generale Carmelitana si conserva un prezioso volume parigino del 1528, che contiene la prima edizione a stampa del trattato latino Summa de haeresibus et earum confutationibus del carmelitano Guy de Perpignan (1270-1342), altrimenti noto anche con il nome di Guido Terreni.
La cinquecentina mostra un interessante frontespizio, racchiuso in una elegante cornice architettonica, all’interno della quale si osservano, oltre al nome dell’autore e all’opera trasmessa, anche la marca tipografica dello stampatore fiammingo Jodocus BadiusAscensius. La marca rappresenta la bottega di un antico tipografo con tre persone al lavoro, accanto ad un torchio ligneo: il “tiratore” al centro, nel momento in cui aziona la barra per premere la platina sul foglio da stampare; il “rullatore” sulla sinistra, addetto ad inchiostrare le pagine di caratteri mobili; il “compositore” a destra, incaricato di comporre i testi allineando sul compositoio i caratteri mobili prelevati dalla cassa tipografica. In primo piano si notano, inoltre, due risme di fogli, una ancora bianca e una già stampata.
[Foto 1]
Il volume, finemente decorato con capilettera xilografici che scandiscono le partizioni testuali, è corredato da numerose postille di mani coeve che ne testimoniano l’ampio utilizzo in tempi prossimi alla stampa.
[Foto 2]
Inoltre, la nota di possesso che si legge sul frontespizio [Foto 1], anch’essa ascrivibile al XVI secolo, riconduce la cinquecentina all’antica biblioteca di Santa Maria in Traspontina, dalla quale proviene la maggior parte dei libri antichi ora conservati presso la Biblioteca Generale Carmelitana.
Il Bando intitolato alla memoria di p. Emanuele Boaga, giunto alla settima edizione, è stato ideato nel 2017 per promuovere studi sul materiale dell’Archivio generale dell’Ordine carmelitano. Ogni anno i progetti presentati vengono esaminati da una commissione internazionale, formata principalmente da studiosi carmelitani.
Quest’anno l’assegno è stato vinto dal dottor Marek Bebak, con un progetto di Musicologia, intitolato Mapping the Carmelites Musical Culture in Europe in the Seventeenth- and Eighteenth-Century. Preliminary research on the basis of the collection of the General Archive of the Carmelite Order in Roma.
Speriamo che questo lavoro possa mettere in luce un aspetto ancora così poco conosciuto della storia dell’Ordine.
In occasione della stampa del volume Santa Maria in Traspontina. La vita di una comunità carmelitana attraverso le carte d’archivio. Inventario del fondo, pubblicato da Edizioni Carmelitane (2023), abbiamo intervistato l’autore.
Jacopo De Santis è dottore di ricerca in Storia e scienze filosofico-sociali, con specializzazione in Storia religiosa; è inoltre diplomato archivista.
Jacopo, la tua pubblicazione è frutto del progetto di ricerca vincitore del terzo bando promosso dall’Archivio: come nasce l’idea?
«Durante il dottorato di ricerca ebbi modo di frequentare l’Archivio generale dell’Ordine per svolgere le mie ricerche sulla vita religiosa a Roma durante la Repubblica romana del 1849 e venni a conoscenza del fondo della chiesa e del convento di Santa Maria in Traspontina. Già consultando solo alcuni fascicoli, mi accorsi subito che si trattava di uno straordinario patrimonio documentario, estremamente prezioso non solo per lo studio della storia dell’Ordine ma anche per svolgere ricerche sulla storia religiosa di Roma. Tuttavia le carte, pur essendo ordinate, non erano corredate da uno strumento in grado di descrivere la documentazione e, quindi, di orientare gli studiosi nei nove metri lineari e nelle 182 unità archivistiche dalle quali è composto il complesso documentario.
Quando nel 2019 ho deciso di partecipare alla terza edizione dell’assegno di ricerca promosso dall’Archivio ed intitolato alla memoria di p. Emanuele Boaga, mi ero da poco diplomato in archivistica e nutrivo il desiderio di confrontarmi con un lavoro di inventariazione di un fondo che mi avrebbe permesso di mettere in pratica le nozioni teoriche della disciplina archivistica che avevo studiato, prima all’università e poi alla scuola di archivistica dell’Archivio di Stato di Roma. Prima di presentare il progetto di ricerca richiesto dal bando, mi recai quindi all’Archivio generale per svolgere un sopralluogo finalizzato a scoprire quanto un progetto di inventariazione fosse effettivamente realizzabile e quali fondi custoditi nell’Archivio dell’Ordine avessero più bisogno di essere descritti per rendere più agevole la loro consultazione da parte degli studiosi. In questa occasione, grazie soprattutto al confronto con l’accogliente personale dell’Archivio, ho riscoperto le carte della chiesa e del convento di Santa Maria in Traspontina e ho così deciso di dedicare a queste ultime il mio progetto di ricerca, nonché anche la mia prima esperienza di descrizione di un fondo archivistico.»
Com’è strutturato il volume?
«Il volume presenta la struttura tipica di un inventario archivistico, così come prescritto dalle regole enunciate dalla disciplina, ed è diviso in due parti: una storica e di carattere discorsivo e l’altra più tecnica e finalizzata a descrivere il fondo.
La prima parte dell’inventario si compone di due introduzioni: una storica sul soggetto produttore dell’archivio, in questo caso la chiesa e il convento di Santa Maria in Traspontina, per un arco cronologico che va dall’insediamento dei Carmelitani nel XV secolo fino ai giorni nostri; l’altra introduzione è invece di carattere archivistico, ripercorre cioè le vicende dell’archivio e illustra i criteri che hanno guidato il lavoro di descrizione da me condotto.
La seconda parte consiste invece nella descrizione delle cinque serie e dei due fondi aggregati componenti l’archivio della Traspontina, corredata da brevi cappelli introduttivi per ogni serie, e presenta tutti quegli elementi indispensabili a rendere più agevole e fruttuosa la ricerca all’interno del complesso documentario. Completano poi il volume alcuni apparati: la tabella di raffronto delle vecchie e delle nuove segnature, gli elenchi dei priori, dei parroci e dei cardinali titolari di Santa Maria in Traspontina, la bibliografia e le fonti archivistiche consultate e, infine, l’indice dei nomi e dei luoghi.»
Durante la redazione dell’inventario quali problematiche hai dovuto affrontare? Hai qualche curiosità da raccontarci?
«Le maggiori problematiche riscontrate durante la redazione dell’inventario sono attribuibili al tentativo di ricostruire virtualmente le serie del fondo, facendo ricorso agli spezzoni dello stesso archivio custoditi in altri istituti di concentrazione, come l’Archivio di Stato di Roma e l’Archivio storico del Vicariato. Inoltre l’assetto assegnato al fondo da precedenti interventi di riordinamento (nonché la presenza di due fondi aggregati) non sempre mi permettevano di riconoscere immediatamente la consistenza e la natura delle serie, peculiarità che hanno richiesto al mio lavoro uno sforzo in più, finalizzato a ricostruire i legami logici che accomunano la documentazione senza scompaginare l’ordine attribuito all’archivio da precedenti riordinamenti. Per di più, man mano che studiavo le carte, mi appariva sempre più evidente che sotto il titolo di “Santa Maria in Traspontina” si sommavano (e a volte sovrapponevano) istituzioni diverse (la comunità religiosa e il convento, la parrocchia, la sede del Priore generale e della Provincia romana), quasi a prospettare la sussistenza in questo archivio di quel particolare fenomeno che la teoria archivistica italiana ha definito come “vischiosità archivistica”. Tuttavia, a parte le difficoltà tecniche e concettuali riscontrare nel corso della redazione dell’inventario, la problematica più grande è stata forse la pandemia da Covid che, nel bel mezzo del lavoro, ci ha confinati tutti a casa e ha interrotto per diverso tempo lo svolgimento del progetto.»
Per approfondimenti e acquisto della pubblicazione, si rimanda al sito di Edizioni Carmelitane:www.edizionicarmelitane.org
Tra le carte di Santa Maria in Traspontina, recentemente inventariate da Jacopo De Santis, diversi documenti attestano che nel corso del XVIII secolo presso il medesimo convento romano, all’epoca sede della curia generalizia dei carmelitani, si producevano tavolette di cioccolata: lo testimonia la corrispondenza conservata nel nostro archivio, con la quale i frati di altri conventi e varie personalità del tempo chiedevano che s’inviasse loro questa prelibatezza.
In particolare, in un carteggio di diciassette lettere datate all’anno 1758, l’ex priore generale dei carmelitani Luigi Laghi, della Provincia Romagnola, richiedeva che gli fosse recapitato nel convento di Forlì un ordine di cioccolata, di cui doveva essere piuttosto goloso, riferendo – in maniera buffa – di farne un uso abituale, perché, a suo dire, lo aiutava a contrastare il respiro corto… e altri malanni: «Io continuo a soffrire ogni mattina la solita strettezza di petto e difficoltà di respiro, ma presa la cioccolata, che mi causa alcuni flati, resto libero» (13 aprile 1758).
Padre Laghi aveva una gran provvista di questo portentoso rimedio, come si legge in un’altra sua lettera: «Per la cioccolata ci è tempo sin che farete la nostra, perché ne tengo ancora per sei e più mesi» (7 settembre 1758).
Che scriverebbe oggi Luigi Laghi? Peccato che non si produca più la cioccolata carmelitana!
ABiGOC si rinnova! A partire da questo numero, la newsletter dell’Archivio e della Biblioteca Generali dei Carmelitani si presenta con due grosse novità. Prima di tutto, un nuovo formato che ci permette di pubblicare agevolmente più notizie. In secondo luogo, l’uscita mensile e non più settimanale dei numeri. Questo aggiornamento è stato possibile grazie alla collaborazione con l’Ufficio delle Comunicazioni Carmelitane. Circa i contenuti, non solo continueremo a informarvi sulla vita dell’Archivio e della Biblioteca Generali, ma cercheremo di farvi conoscere le attività degli altri enti culturali dell’Ordine Carmelitano sparsi per il mondo.
Speriamo, allora, che ABiGOC risulti ancora più agevole ed interessante. Buona lettura!
Mercoledì 25 ottobre 2023, alle ore 17:45, presso il Centro Internazionale Sant’Alberto (Roma), è stato presentato il volume La demolita chiesa di S. Nicola dei Cesarini a Roma, di Cristina Cumbo, realizzato attraverso ricerche d’archivio.
Con l’occasione, abbiamo intervistato l’Autrice: Sappiamo che ti occupi di archeologia cristiana e con questo volume hai voluto ricostruire la storia della chiesa e del convento di San Nicola dei Cesarini di Roma, attraverso la stratificazione archeologica dell’area. Quali sono stati, se ci sono stati, i problemi che hai incontrato durante lo studio di questo tema? Ti chiederemmo di raccontare soprattutto come hai ricostruito il patrimonio disperso del San Nicola.
«Posso dire che l’archeologia cristiana si è configurata certamente come una base importante da cui partire, ma non è stata l’unica in questa ricerca, in quanto la chiesa moderna di San Nicola dei Cesarini si va ad impostare sulla fase medievale e su quella ancora precedente, romana, dei templi veri e propri. A volte, però, capita che i tempi più recenti siano, paradossalmente, quelli più complessi da ricostruire. È accaduto che chiesa e convento di San Nicola, all’epoca della demolizione avvenuta tra il 1926 e il 1927, considerati in pessime condizioni di conservazione, siano stati definiti poco importanti ai fini della preservazione della loro memoria. Mentre possediamo due foto e qualche acquerello dell’esterno della chiesa, non abbiamo nulla che documenti visivamente l’interno. Le foto sono unicamente relative alla demolizione, quindi abbiamo resti di muri, del rivestimento delle pareti del convento e nulla più. Ci vengono tramandati, però, una descrizione scritta dell’aspetto della chiesa e un elenco di opere. Seppur in modo frammentario tra i vari archivi romani, sono riuscita a ricomporre il complesso puzzle della storia della chiesa e dei suoi manufatti, alcuni dei quali ancora esistenti e conservati sia a Roma che in altri luoghi d’Italia, altri invece scomparsi o trafugati. È stato difficile, per esempio, capire quale fosse la “composizione” del pavimento che doveva essere piuttosto “affollato” di tombe. Le lapidi e gli ossari, che appaiono oggi ricoperti di muffe e licheni, si trovano presso il Cimitero Verano e, grazie alla mia ricerca, sono stati finalmente individuati, ma in precedenza se ne era persa quasi totalmente la memoria. Sono stati necessari vari sopralluoghi e un’attenta consultazione dei documenti d’archivio per giungere alla loro identificazione.
Oltre alle difficoltà, ci sono state anche delle certezze, come le tele di San Nicola e del profeta Elia che furono trasportate nella chiesa della Beata Vergine del Carmelo annessa al Collegio Internazionale Sant’Alberto, dove ancora sono conservate.
È possibile definire la ricerca sulla chiesa di San Nicola dei Cesarini come una vera indagine storico-artistica, archivistica e architettonica inquadrata in un contesto del tutto archeologico. Ovviamente, all’analisi dei documenti è stato assolutamente necessario affiancare delle verifiche in situ e ciò mi ha permesso di avere una visione d’insieme. È difficile da spiegare a parole, ma nella mente di un archeologo, ricorrendo a quanto appreso dalle fonti e comparando i resti materiali, anche le strutture demolite riacquistano forma. Ormai mi basta semplicemente osservare l’Area Sacra di Largo Argentina, recentemente aperta al pubblico, e la chiesa di San Nicola dei Cesarini è ancora lì, con il suo convento dimora dei Carmelitani, i fedeli che entrano nell’edificio di culto per recitare qualche preghiera e accendere una candela.»
Per approfondimenti e acquisto della pubblicazione, si rimanda al sito di Edizioni Carmelitane:
Per facilitare la ricerca d’informazioni da parte degli studiosi, abbiamo unificato i siti web dell’Archivio e della Biblioteca Generali dell’Ordine Carmelitano, che fino ad ora costituivano due distinti canali di comunicazione. Speriamo, in questo modo, di rendere più agevole la condivisione delle attività e delle collaborazioni attive tra l’Archivio e la Biblioteca.
Il 19 settembre 2023 la Biblioteca Generale Carmelitana ha indetto una selezione per il conferimento di un assegno di ricerca dell’importo pari a 5000 euro e della durata di nove mesi (1° marzo – 30 novembre 2024), dal tema Ricostruzione della Biblioteca della Traspontina a partire dalle note di possesso presenti sui manoscritti e libri antichi della Biblioteca Generale Carmelitana.
La scadenza per la presentazione delle domande è fissata al 15 gennaio 2024.
Il bando è consultabile e scaricabile al seguente indirizzo web:
In vista della presentazione, abbiamo intervistato l’Autrice: Sappiamo che ti occupi di archeologia cristiana e con questo volume hai voluto ricostruire la storia della chiesa e del convento di San Nicola dei Cesarini di Roma, attraverso la stratificazione archeologica dell’area. Quali sono stati, se ci sono stati, i problemi che hai incontrato durante lo studio di questo tema?Ti chiederemmo di raccontare soprattutto come hai ricostruito il patrimonio disperso del San Nicola.
«Posso dire che l’archeologia cristiana si è configurata certamente come una base importante da cui partire, ma non è stata l’unica in questa ricerca, in quanto la chiesa moderna di San Nicola dei Cesarini si va ad impostare sulla fase medievale e su quella ancora precedente, romana, dei templi veri e propri. A volte, però, capita che i tempi più recenti siano, paradossalmente, quelli più complessi da ricostruire. È accaduto che chiesa e convento di San Nicola, all’epoca della demolizione avvenuta tra il 1926 e il 1927, considerati in pessime condizioni di conservazione, siano stati definiti poco importanti ai fini della preservazione della loro memoria. Mentre possediamo due foto e qualche acquerello dell’esterno della chiesa, non abbiamo nulla che documenti visivamente l’interno. Le foto sono unicamente relative alla demolizione, quindi abbiamo resti di muri, del rivestimento delle pareti del convento e nulla più. Ci vengono tramandati, però, una descrizione scritta dell’aspetto della chiesa e un elenco di opere. Seppur in modo frammentario tra i vari archivi romani, sono riuscita a ricomporre il complesso puzzle della storia della chiesa e dei suoi manufatti, alcuni dei quali ancora esistenti e conservati sia a Roma che in altri luoghi d’Italia, altri invece scomparsi o trafugati. È stato difficile, per esempio, capire quale fosse la “composizione” del pavimento che doveva essere piuttosto “affollato” di tombe. Le lapidi e gli ossari, che appaiono oggi ricoperti di muffe e licheni, si trovano presso il Cimitero Verano e, grazie alla mia ricerca, sono stati finalmente individuati, ma in precedenza se ne era persa quasi totalmente la memoria. Sono stati necessari vari sopralluoghi e un’attenta consultazione dei documenti d’archivio per giungere alla loro identificazione.
Oltre alle difficoltà, ci sono state anche delle certezze, come le tele di San Nicola e del profeta Elia che furono trasportate nella chiesa della Beata Vergine del Carmelo annessa al Collegio Internazionale Sant’Alberto, dove ancora sono conservate.
È possibile definire la ricerca sulla chiesa di San Nicola dei Cesarini come una vera indagine storico-artistica, archivistica e architettonica inquadrata in un contesto del tutto archeologico. Ovviamente, all’analisi dei documenti è stato assolutamente necessario affiancare delle verifiche in situ e ciò mi ha permesso di avere una visione d’insieme. È difficile da spiegare a parole, ma nella mente di un archeologo, ricorrendo a quanto appreso dalle fonti e comparando i resti materiali, anche le strutture demolite riacquistano forma. Ormai mi basta semplicemente osservare l’Area Sacra di Largo Argentina, recentemente aperta al pubblico, e la chiesa di San Nicola dei Cesarini è ancora lì, con il suo convento dimora dei Carmelitani, i fedeli che entrano nell’edificio di culto per recitare qualche preghiera e accendere una candela.»
Attivittà di depolveratura dell’Archivio generale dei carmelitani
Nel mese di luglio c.a. è stato avviato un intervento di depolveratura professionale, movimentazione e sanificazione delle scaffalature dell’archivio e della documentazione ivi conservata. A tal proposito vogliamo mostrarvi una ripresa video delle suddette attività, svolte dal restauratore Alessandro De Cupis, affiancato dalla sua collaboratrice Ester Maria Corallo.
Vi informiamo, inoltre, che l’Archivio e la Biblioteca generali chiuderanno al pubblico dal 31 luglio al 3 settembre 2023 e cogliamo l’occasione per augurarvi una buona estate.
Presso la Biblioteca Generale Carmelitana è conservato un prezioso incunabolo che contiene le Constitutiones Fratrum Ordinis Carmelitarum, curate dal carmelitano Giovanni Maria Polucci e stampate a Venezia il 29 aprile del 1499, dal noto tipografo Lucantonio Giunta.
Il volume mostra ancora le caratteristiche grafico-librarie tipiche dei coevi manoscritti: sulla pagina d’apertura si notano, infatti, l’incipit del testo in inchiostro rosso, una iniziale calligrafica rubricata, un segno di paragrafo anch’esso rubricato e l’impiego di caratteri tipografici derivati dalla scrittura gotica. A corredo del testo è presente, inoltre, una vignetta illustrativa xilografata che raffigura l’Annunciazione [foto 1].
Allo stesso raffinato xilografo si deve, con ogni probabilità, anche l’immagine che precede la carta incipitaria, ove è rappresentato il Vexilum Carmelitarum, sorretto da due angeli, con all’interno, in posizione frontale, l’effigie della Vergine del Monte Carmelo, di squisita fattura [foto 2].
Il volume si chiude con un ricco e dettagliato colophon in cui si forniscono notizie sul contenuto, sullo stampatore, sul luogo e sulla data di stampa [foto 3].